giovedì 9 maggio 2019

Europa e territori: non è necessario il nazionalismo per tenere in conto la dimensione locale.


L’ormai imminente doppia scadenza elettorale (europee e amministrative) rappresenta uno di quei passaggi di rilievo storico politico non secondario. La sempre maggiore presenza di una destra estremista, con connotati di tipo razzista e rapporti per nulla chiari con ambienti neo-fascisti, suscita preoccupazione e non pochi timori. Il più rilevante tra questi riguarda la tenuta del nostro sistema democratico, saldo nella sua struttura di valori fondamentali e nell’assetto dei poteri pubblici definiti dalla Carta ma ancora, o di nuovo, fragile in termini di coesione e condivisione di uno spirito nazionale unitario; le continue diatribe sui passaggi storici fondamentali per la vita della Repubblica come il 25 aprile stanno lì a dimostrarlo.  Se a questo aggiungiamo la difficile situazione economica e sociale che interessa parti sempre più significative della popolazione, costringendo in condizioni di insicurezza e incertezza, quando non di vera povertà, milioni di persone, senza trascurare la catastrofe climatica ormai imminente, non possiamo che sentirci ancor più preoccupati.
Credo sia necessario e fondamentale fare appello a tutte le forze che si riconoscono a pieno nei valori della nostra Costituzione e che abbiano a cuore la giustizia sociale, l’affermazione dei diritti democratici, sociali e civili e il futuro del genere umano sul pianeta Terra, alla sinistra tutta, di compiere uno sforzo unitario in termini di strategie per i futuri governi (locali e dell’Unione). L’affermazione di quei valori e la realizzazione di quegli obiettivi necessita dell’apporto generoso e solidale di tutte e di tutti coloro che vi si riconoscano, mettendo da parte, almeno per una volta, l’assillo a distinguersi e la necessità di affermare la propria singola identità politico-culturale.
La sfida è sicuramente di quelle che richiedono uno sforzo straordinario, la necessità è eleggere un Parlamento europeo che abbia la forza di cambiare l’Unione in senso democratico, per il rafforzamento della sua dimensione politica e sociale, per spostare l’asse di governo dagli interessi dei mercati finanziari a quello dei cittadini, del lavoro, dei territori e dell’ambiente. Altrettanto necessario è, al contempo, eleggere sindaci che sui e per i territori abbiano a cuore la coesione sociale, la qualità della vita dei cittadini, la conservazione delle risorse ambientali e naturali, il bene comune.
Nuove prospettive si potranno aprire se su questi presupposti riuscirà ad emergere uno schieramento ampio della sinistra democratica, senza trascurare le espressioni del civismo progressista, in grado di convincere e di scongiurare gli equivoci spesso presenti negli ultimi anni. E’sempre più evidente, infatti, che il centrosinistra per essere credibile debba chiaramente essere alternativo al centrodestra, escludendo qualsiasi pratica di accordi politici che contraddicano questa impostazione. Altrimenti ogni appello a fare argine verso la destra diventa debole e inefficace.

martedì 22 gennaio 2019

Perché l’ammucchiata Calenda non mi convince?


Perché c'è bisogno di partire dai bisogni che spingono le persone a rifugiarsi nelle proposte demagogiche dei populisti (o sovranisti, se preferite) e non di perseverare proseguendo nel vicolo cieco del neoliberismo, sociale e istituzionale, oltreché economico.

La globalizzazione liberista, realizzatasi (purtroppo) grazie alla stagione dei governi progressisti, senza regole e senza equilibri, produce e produrrà nuove povertà e nuovo sfruttamento, oltre ad essere causa della distruzione della capacità di rigenerazione delle risorse naturali del pianeta.



È da un Marx rivisitato in chiave ecologica e ambientale (conversione del sistema economico produttivo, in primis) che si dovrebbe ripartire, non dalle “risorse di Confindustria”. Occorre rifarsi dall'elaborazione di un profilo culturale e politico, poi si penserà agli assetti ed alle scadenze elettorali. Ma, a sinistra, tutto si è disciolto proprio perché non vi è più collante culturale identitario. Mi sembra si voglia solo fare una brutta copia dell'ulivo, senza spinta dal basso di nessun genere, politicamente ancora più a destra.



Non vedo, francamente, le possibilità, almeno a breve, di nuove unità e sodalizi virtuosi. 
Personalmente, non mi sento distante da chi prova rabbia per classi dirigenti del cosiddetto centrosinistra che hanno assecondato, quando non gestito in prima persona, il concretizzarsi di un processo che ha visto la massima concentrazione di potere economico e decisionale nelle mani di ristrette élite (per il vero, molto poco raffinate), un innalzamento della produttività mai registrato nella storia dell'umanità, un aumento di ricchezza spaventoso e un così generalizzato e dilagante esplodere di povertà. Se oggi i penultimi ce l'hanno con gli ultimi è solo per questo motivo. E la responsabilità, quella di chi avrebbe potuto far sì che le cose andassero diversamente e non l'ha fatto, sta tutta dalla nostra parte.



Uguaglianza, redistribuzione, conversione ecologica, sobrietà, un nuovo modello di stato sociale, cultura, clima, solidarietà, sono alcune delle parole d’ordine che sarebbe necessario ed urgente scrivere e declinare in un manifesto di valori e programmatico per una sinistra che abbia senso e, sperabilmente, qualche prospettiva.


#europeisti #elezionieuropee2019 #sinistra

domenica 6 gennaio 2019

Un 2019 rivoluzionario

L'economia mondiale "globalizzata" consente a poche #corporation, in accordo o in egemonia con/sui (i) governi dei paesi più ricchi, di avere il controllo delle sorti dell'intero genere umano e del pianeta.
L'assenza di movimenti politici che si ispirino a ideologie convintamente anticapitaliste (non solo nel nome ma nella pratica) rende tutto più complicato e, apparentemente, impossibile.
Chissà che non nascano nuove coscienze di "genere"...
Buon anno rivo-luzio-nario!
Non solo ai tre fratelli....
#alternativa #globalizzazione #sinistra #crisieconomica #finanza #mercati

giovedì 27 settembre 2018

Dopo il fuoco


Mentre sono ancora in corso le operazioni di spegnimento del disastroso incendio del Monte Pisano, ringraziando tutti, e ciascuno, gli operatori dell’Antincendio (strutturati e volontari), le istituzioni (Sindaci e Comuni, Regione, Dipartimento della Protezione Civile), col pensiero rivolto alle persone ancora fuori dalle loro case e, con particolare apprensione, a coloro che hanno perso casa e beni, al patrimonio ambientale e boschivo andato distrutto, alle aziende agricole ed ai proprietari di terreni sul monte che hanno perduto olivete, castagnete, mezzi, in attesa dei lunghi giorni delle bonifiche a terra, credo sia già il momento di rimboccarsi le maniche per pensare a ricostruire.
Gli oltre mille ettari percorsi dall’incendio (a Calci, Vicopisano, Vecchiano, Buti) lasciano ora un bisogno assoluto di attenzione e di interventi urgenti (l’arrivo delle piogge autunnali porteranno un’ulteriore disastrosa conseguenza: il dissesto) e di più lungo periodo. La convergenza e la comunanza d’intenti tra le istituzioni (Comuni, Regione, Stato) deve essere il pre-requisito, da pretendere. Abbiamo ascoltato le parole e gli impegni del Presidente Rossi, la disponibilità e le promesse fatte dal Ministro Centinaio, ora si tratta di passare all’azione. Concretamente, con intelligenza e attenzione alle fragilità ed ai bisogni del territorio.
Il disastro deve ora trasformarsi in una grande opportunità, quella mai realizzatasi per limiti e impedimenti formali e sostanziali: mettere in sicurezza il Monte e offrire sostegno alle politiche di sviluppo faticosamente messe in campo localmente nel corso degli ultimi anni. Costruirne di nuove attorno alle vocazioni ambientali, paesaggistiche, agricole e turistiche (di turismo dolce, lento).
Ottenute le risorse per l’emergenza e per il ristoro dei danni subiti da privati e aziende, occorrerà pensare ad un piano straordinario di interventi: ripristini e sistemazioni idrogeologiche, forestazione razionale e diffusa (cogliendo anche l’occasione per sostituire quanto più pino marittimo possibile!), sostegno alla ricostruzione di un sistema agricolo produttivo, riqualificazione ambientale. Indispensabile sarà evitare ogni tipo di speculazione ed ogni potenziale distorsione delle reali vocazioni territoriali nonché destinare una quantità di risorse adeguata, la cui quantificazione deve essere oggetto di una progettazione attenta ma certamente non inferiore ai 30/40 milioni di euro.
Ultimo tema: il coordinamento, le competenze di gestione unitaria del contesto territoriale, la partecipazione. Nell’emergenza, non sarebbe male avere un Commissario regionale, anche scelto tra i sindaci, nell’assetto definitivo, un Ente territoriale unico. Magari, perché no, con un soggetto che assomigli molto ad una grande area protetta del Monte Pisano. Raccogliamo le idee, i desiderata, i progetti, facciamo percorsi di partecipazione ma la competenza a decidere ed a governare le scelte rimanga saldamente nelle mani delle istituzioni, con il supporto della tecnica, imparando dagli errori del passato, consapevoli della storia del Monte e delle sue eredità.

lunedì 15 maggio 2017

DEMOCRAZIA E PARTITI


La crisi della democrazia rappresentativa è frutto del venir meno dei Partiti organizzati, identitari e di massa. La necessità di ragionare attorno ad un modello di partecipazione più avanzato, che produca una democrazia diretta vera e matura (non "gestita" dai professionisti del marketing) e regolata in maniera trasparente è un tema urgente e non rinviabile. Non mi convincono i richiami a neo vincoli di appartenenza ed ai principi del centralismo democratico. C'è, invece, bisogno di riorganizzare la rappresentanza politica tenendo insieme due presupposti di modello e filosofico-culturali: democrazia diretta (appunto) e identità politica definita.
Oltre all'idea di uguaglianza, di sviluppo umano, di salvaguardia dei territori, dell'ambiente e del pianeta, di economia civile, di socialità, libertà e diritti, c'è infatti bisogno di ridare senso al concetto stesso di democrazia. 

Una "via nuova", insomma. Originale e creativa, che sappia aggiornare l'idea di giustizia sociale sapendola declinare con la consapevolezza del “senso del limite”, per costruire una società che riconosce i suoi confini ecologici e sociali e le possibilità del suo sviluppo culturale. Forse servono nuovi “soggetti”, forse possono evolvere gli attuali?  Non è certo questo il problema. Gli strumenti si adeguano o si creano al servizio di ideali e programmi. Ma non il contrario!

venerdì 11 novembre 2016

IL VOTO DEGLI AMERICANI E IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

IL VOTO DEGLI AMERICANI E IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
Penso che ciascuno popolo sia e debba essere sovrano. In democrazia, la sovranità deve necessariamente essere esercitata all'interno di un patto di convivenza definito da regole chiare e trasparenti, massimamente condivise (le Costituzioni) ma anche vincolanti e riconosciute.
In questo quadro, possono essere oggetto di critica e di proposta di modifica da far maturare attraverso la costruzione di consenso. Gli strumenti attraverso i quali fare tali proposte sono quelli definiti nelle stesse costituzioni.
Per far saltare tali fondamenta possono essere esercitate due uniche differenti opzioni: una "rivoluzione" (che necessariamente prevede l'esercizio di una prevaricazione) o una "reazione" (golpe o processo di modifica dell'ordinamento imposta, anche da una qualche maggioranza).
Pur non disdegnando qualche suggestione anarcoide, mantengo ancora preferenza per un regime democratico. Che vorrei maggiormente esteso e realizzato, con una partecipazione esercitata, un sistema elettorale che rispetti gli orientamenti dei cittadini e ne esprima proporzionalmente le istanze, un sistema produttivo ed occupazionale guidato da democrazia economica, la realizzazione di un'eguaglianza sostanziale a base di ogni libertà...
È per questa visione ed opinione che reputo sbagliata e pericolosa una nuova riforma del nostro patto (la Costituzione) realizzata a maggioranza (addirittura con i voti di fiducia) con l'unico assillo dell'esercizio del governo.
Per quanto consapevole che la nostra Costituzione dica nel suo articolo 138 di poter essere modificata, non si fa così! Non a colpi di maggioranza. Né ora, né prima né dopo.
LA COSTITUZIONE E' APPUNTO DEL POPOLO E PER TUTTO IL POPOLO, NON DI UN PARTITO O A VANTAGGIO DEL RUOLO DI UNA PARTE! Qualunque essa sia!
Voterò NO il 4 dicembre, per questi motivi. A di là delle polemiche contingenti e strumentali che pure potranno coinvolgermi e su cui potrò esprimermi. Per autentica preoccupazione e desiderio autenticamente democratico.

giovedì 28 aprile 2016

Costituzione: riforma o torsione autoritaria?!

E poi.. riforma costituzionale con semplificazione del processo legislativo e rafforzamento del ruolo dell'esecutivo.
Ok, compagni. Il PCI voleva il monocameralismo. I Ds volevano l'elezione maggioritaria e pure il "federalismo solidale".
Il pd approva un modello autoritario (nei fatti) di Repubblica. Non basta raccontarci l'eliminazione del Senato (FALSO!) e la semplificazione (IDEM!). Il Senato sarà, di fatto, di nominati (CON IMMUNITÀ) e con processo legislativo incerto, complesso, contraddittorio. La Repubblica sarà più centralista (con buona pace anche del regionalismo!).
Ma guardiamo più avanti... ci fidiamo (io, no!) di Matteo; dopo?! Un modello autoritario, non soggetto a controlli democratici vincolanti e rigidi (la Costituzione del '48 è, volutamente, rigida!), nel caso di un nuovo Berlusconi o, peggio, Mussolini, che cosa produrrà?! La necessità di una nuova Resistenza armata?!
Pensateci, per favore!!!
Non affrontate il Referendum costituzionale come "la sfida per vincere"! Ne va della cosa più cara per la quale ci siamo sempre battuti: la libertà!

giovedì 17 marzo 2016

Unioni, territori, democrazia

Unioni, territori, democrazia

Anni fa, alla sua costituzione, esprimevo pubblicamente  perplessità e riserve su differenze socio-economiche territoriali e su dimensioni e caratteristiche organizzativo-funzionali dei comuni dell'Unione Valdera. Preferibile, di gran lunga, un assetto differenziato, con due o tre ambiti ottimali diversi e maggior coerenza/coesione tra le aggregazioni. Senza rinunciare a collaborazioni strutturate su servizi di area più vasta (es. società della salute, diritto allo studio, promozione territoriale) sull'intero bacino della Valdera.
L'allora mio partito fece prevalere un interesse politico astratto e le ambizioni di carriera di alcuni suoi amministratori e dirigenti a scapito dei reali interessi di territori e cittadini. Oltre ad anticipare la stupida idea delle fusioni e del "commissariamento della democrazia", che ora va per la maggiore.
Oggi, accade ciò che doveva. Le aree si riarticolano su nuove e più razionali basi. I territori e le loro amministrazioni ridefiniscono patti e convenienze (legittime).
A questo punto, spero solo si usi l'intelligenza oltre le appartenenze (ormai svilite).
È Volterra il "capoluogo" dell'Alta valle dell'Era. Non Peccioli. Si proceda spediti in tale direzione e si rafforzeranno interessi alti e non, ancora una volta, ambizioni dei singoli o compromessi di corto respiro.