La crisi della
democrazia rappresentativa è frutto del venir meno dei Partiti organizzati,
identitari e di massa. La necessità di ragionare attorno ad un modello di
partecipazione più avanzato, che produca una democrazia diretta vera e matura (non "gestita" dai professionisti del
marketing) e regolata in maniera trasparente è un tema urgente e non
rinviabile. Non mi convincono i richiami a neo vincoli di appartenenza ed ai
principi del centralismo democratico. C'è, invece, bisogno di riorganizzare la
rappresentanza politica tenendo insieme due presupposti di modello e
filosofico-culturali: democrazia diretta (appunto) e identità politica
definita.
Oltre all'idea di uguaglianza, di sviluppo umano, di
salvaguardia dei territori, dell'ambiente e del pianeta, di economia civile, di
socialità, libertà e diritti, c'è infatti bisogno di ridare senso al concetto
stesso di democrazia.
Una "via nuova", insomma. Originale e creativa, che
sappia aggiornare l'idea di giustizia sociale sapendola declinare con la
consapevolezza del “senso del limite”, per costruire una società che riconosce
i suoi confini ecologici e sociali e le possibilità del suo sviluppo culturale.
Forse servono nuovi “soggetti”, forse possono evolvere gli attuali? Non è certo questo il problema. Gli strumenti
si adeguano o si creano al servizio di ideali e programmi. Ma non il
contrario!
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