Stringiamoci alla Grecia, a Syriza, perché il 25 gennaio sia il giorno della ripresa della speranza, della costruzione dell’alternativa.
In Grecia è accesa, forse, l’ultima flebile speranza di cambiamento. Perlomeno per un tempo utile.
Il bisogno di alternativa che si respira tra molta parte di popolo è certo superiore a quello che tutto il sistema dei media e degli istituti di indagine demoscopica sono in grado, o vogliono, registrare.
Un diverso modello di sviluppo basato sulla conversione ecologica dei sistemi di produzione e sul rispetto delle vocazioni, delle dimensioni e dei caratteri territoriali; un modello economico e sociale basato su principi di giustizia, uguaglianza (archiviando finalmente l’inganno delle pari opportunità come fine), solidarietà; una democrazia partecipata e, in larga parte, autogestita dalle comunità dei cittadini; l’acquisizione della qualità della vita delle persone e non la quantità dei loro consumi come misuratore del livello di benessere; un sistema istituzionale europeo, nazionale e locale che abbia come unico fine il perseguimento del bene comune. Sono questi gli elementi di programma di una via alternativa al liberismo ed alla deriva consumistica delle vite, delle relazioni umane e dell’uso delle risorse naturali.
In questo momento, in Europa, l’unico barlume di speranza è appunto rappresentato dall’esperienza greca di Syriza. Dalla portata europea che la sua affermazione nelle elezioni del 25 gennaio potrebbe avere. Dalla determinata volontà di cambiare davvero le politiche e gli equilibri di potere fin qui dominanti nella U.E.
Parlare di cambiamento deve significare ciò, non solo la messa in discussione di nomi.
E’ chi non ha voce che deve essere ascoltato, è nel loro interesse che la politica dovrebbe agire. Anche se non possono farsi sentire, anche se non possono contare, sono i più. E’ di loro che una Sinistra di valori antichi ma pur sempre moderni, attuali, necessari deve farsi bandiera e utile strumento. In Italia, in questo momento, ne siamo orfani.
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