venerdì 25 ottobre 2013

NO agli OGM. Ora più che mai.

In questi giorni riemerge un dibattito annoso e mai definitivamente affrontato: l'utilizzazione delle sementi OGM nella nostra agricoltura. Con il rispetto che si deve ad ogni posizione intellettualmente onesta e libera, mi permetto di re-intervenire sostenendo una posizione “ideologica”: non mi convincono i processi di radicale trasformazione condotti dal “libero mercato” e solo delle ricerca pubblica sono disponibile a fidarmi. Soprattutto su materie di tale delicatezza ed impatto. 


Lo sostengo per le conseguenze che nel settore agricolo ha comportato la cosiddetta “rivoluzione verde”, cioè, in estrema e grossolana sintesi, l’industrializzazione dell’agricoltura guidata dall’industria chimica e meccanica. Ciò che si è perseguito non sono stati né l’interesse dei coltivatori, più reddito e più qualità, né l’interesse collettivo, eliminare la piaga della fame nel mondo. Le conseguenze sono sotto i nostri occhi: un’economia agricola ridotta allo stremo, un diffuso inquinamento della biosfera causato proprio dall’impatto di quel modello, una tragica dissipazione delle disponibilità di acqua potabile, la perdita di fertilità della terra, una drammatica perdita di biodiversità, il peggioramento della qualità dei nostri cibi…. fino alla banalizzazione dei nostri paesaggi agrari. 

La “seconda rivoluzione verde”, quella degli OGM, appunto, mi risulta essere interamente nelle mani delle grandi corporations dell’agrochimica. Per questo motivo, oltre ai timori sui rischi per la salute umana e per l’ambiente, mai definitivamente superati (ne è dimostrazione il serrato dibattito nel mondo scientifico che prosegue tutt’ora), mi preoccupa ancor più il rischio del completo e definitivo controllo sulle sementi esercitato da dette corporations attraverso il sistema della brevettazione dei semi. Ricordiamoci che chi sarà in grado di controllare le sementi, controllerà il mercato globale del cibo! Non della produzione dell’acciaio, del nostro cibo quotidiano! Instaurando al contempo una sorta di “nuovo colonialismo” sulle terre e sulle popolazioni di parti rilevantissime del pianeta, per di più in un regime di sostanziale monopolio. Ricordo, a questo proposito, che Monsanto controlla da sola oltre il 90% di questo mercato e non dimentico la sua azione di efficacissima lobbing, prima in ambito GATT e successivamente nel TRIPS (accordo sui diritti di proprietà intellettuale relativi al commercio), nei confronti del WTO per estendere il regime americano sui brevetti al resto del mondo. Ovviamente, risultato raggiunto.

Insomma, l’agricoltura, il pianeta, i popoli hanno bisogno di agricoltura diffusa, locale, che valorizza biodiversità e qualità, che riscopre la sua funzione produttiva ed occupazionale, che cura la terra e l’uomo, non dell’ennesima speculazione. L'unica risposta sostenibile è perseguire la sovranità alimentare, non la resa al mercato. La ricerca, è giusto ed opportuno che proceda, possibilmente pubblica e comunque sotto il controllo pubblico. Mi fermo qui, ma sarebbe opportuno continuare ulteriormente la discussione politica.

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