Spesso sostenere che sarebbe importante ricondurre la nostra alimentazione nella direzione di diete a base di prodotti locali, cresciuti sul territorio e perfettamente inseriti nel suo ecosistema viene controbattuto con accuse di facile utopismo, quasi come se automaticamente si sostenesse che bisogna fermare l’ineluttabile processo di globalizzazione in atto: sarebbe utopico contrapporsi a un sistema di produzione e distribuzione del cibo che ormai mette a disposizione merci provenienti da ogni parte del pianeta, sarebbe utopico e “no-global” dire che è meglio armonizzare e rivitalizzare le produzioni locali, partendo dal consumo di territorio, ricostruendo un rapporto il più possibile diretto con i produttori. Questo senza considerare le accuse di conservatorismo eccessivo. Un nuovo localismo alimentare è in effetti un progetto di difficile realizzazione, ma quanto mai urgente, viste le condizioni ecologiche del pianeta e gli squilibri, incongruenze, problemi che affliggono i nostri sistemi agro-alimenatri. Io, però, credo profondamente nell’auspicio di questa ri-localizzazione dei consumi alimentari perché mi sembra introduca migliori possibilità di difendere la biodiversità, di proteggere le piccole produzioni agricole, di mantenere vive le culture locali e anche di disporre di diete migliori per la nostra salute.
E’ questa la riflessione che mi ha spinto a suo tempo a far aderire la Provincia di Pisa alla campagna “Liberi da OGM”, promossa da un’insieme di organizzazioni del mondo agricolo e artigiano, dei consumatori, dell’ambientalismo e della grande distribuzione per uno sviluppo agroalimentare libero da organismi geneticamente modificati, ed a sostenerne le motivazioni.In poche parole, non soltanto siamo quello che mangiamo, ma siamo anche ciò che mangiavano i nostri avi, quando la globalizzazione, o anche soltanto il commercio su medio-grandi distanze erano inimmaginabili. Analizzando le miriadi di intolleranze alimentari che affliggono quasi quattro miliardi di persone sul pianeta, le diete cui siamo meglio disposti, per semplici motivi evolutivi, sono quelle che hanno profonde radici nei prodotti provenienti dalla nostra zona o da dove provengono i nostri avi.La nostra struttura genetica si è evoluta in base alle diete che hanno caratterizzato la vita dei nostri più lontani parenti, fino a noi. Gli esempi più banali si hanno nelle intolleranze all’alcool di certe popolazioni, come i giapponesi o gli indiani d’America, oppure quelle ai latticini, per popolazioni che non hanno mai avuto una tradizione di allevamento.
L’appello che rivolgo è per affermare il comune interesse di produttori e consumatori verso un’agricoltura di qualità, per la tutela e la valorizzazione della biodiversità, delle produzioni tipiche e tradizionali, sostenendo quella che è una vera e propria battaglia culturale: NO agli OGM!
Giacomo Sanavio
Assessore allo Sviluppo Rurale della Provincia di Pisa
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