(Intervento dell’Assessore Giacomo Sanavio al Convegno d’inaugurazione del 22 gennaio a Pisa)
Come Amministrazione provinciale, abbiamo ritenuto di estremo interesse assicurare la partecipazione ed il sostegno all’attività dell’Osservatorio sulle regole dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, in quanto strumento di rilevante importanza per una serie di ragioni che qui brevemente cercherò di motivare.
Stiamo vivendo un passaggio importante: le politiche pubbliche di sostegno al settore agricolo ed alcuni segnali di rinnovata sensibilità ed attenzione stanno riportando alla consapevolezza che il 100% degli interessi legati alla qualità della vita ed alla salute delle persone e dell’ambiente è legato all’agricoltura, alla sua duplice funzione di “luogo” della produzione del cibo e di cura del territorio e dell’ambiente. Ma quale agricoltura? Ed è proprio rispetto a questo quesito che vedo uno degli ambiti di attività e di interesse al lavoro dell’Osservatorio.
La normativa in materia di prodotti destinati all’alimentazione umana si preoccupa, essenzialmente, da un lato di tutelare i consumatori rispetto alla salubrità alimentare ed alla correttezza delle tecniche di comunicazione pubblicitaria; dall’altro di tutelare i produttori dalla concorrenza sleale. Tutto ciò si è reso necessario anche a seguito della crescente dilatazione della distanza tra i momenti della produzione e della trasformazione rispetto ai luoghi di acquisto e di consumo. Complici di questo stato di cose, l’introduzione di modalità industriali di produzione, conservazione e trasformazione; lo sviluppo della rete dei trasporti, come vero e proprio settore imprenditoriale connesso all’industria agro-alimentare; la diffusione di sistemi di distribuzione commerciale, anche questi legati a logiche di mercato indipendenti dalla produzione. Da non dimenticare poi, il peso delle “lobbies” dell’agroalimentare nella produzione normativa, che, detto per inciso, sono spesso le stesse dell’industria chimico-farmaceutica.
Insomma, il modello di agricoltura industriale che si è imposto negli ultimi decenni ha creato una forte distanza tra produzione e consumo, ed il quadro normativo risulta totalmente incentrato su questo modello. I limiti rappresentati dal modello di agricoltura industriale e le evidenti contraddizioni sul piano ambientale e sociale possono essere chiaramente spiegati attraverso la contraddittorietà di alcuni dati: il 30% dell’inquinamento mondiale complessivo è prodotto dall’agricoltura; così come il 70% del consumo di acqua potabile dipende da questo tipo di modello agricolo industriale; il 50% dei cereali prodotti sul pianeta è destinato all’alimentazione animale e non a quella umana; e ancora, per assurdo, l’aumento della produttività agricola è stata accompagnata da una costante crescita della popolazione che soffre la fame: sono infatti oltre 1 miliardo le persone che rischiano ogni anno la morte per fame nel mondo, contraddicendo pesantemente uno dei presupposti della stessa “rivoluzione verde” degli anni ’60. Altra rilevante contraddizione: il tema dello spreco dei beni alimentari. In Italia, a fronte di una Produzione Lorda Vendibile di valore intorno ai 45 mld/anno, ogni giorno finiscono in discarica 4000 t di alimenti, per un valore pari a 4 mld di euro l’anno. Il modello di agricoltura industriale determina oltremodo la perdita della biodiversità con la semplificazione/omologazione delle colture, a cui va aggiunto il complesso tema della proprietà intellettuale dei semi (che merita uno specifico approfondimento!). Se oltre a questo consideriamo che il costo pagato, per es., ad un produttore di latte vaccino è di 8 centesimi di euro al litro, a fronte di un costo di produzione di almeno 32 centesimi/l, o che il costo di un kg di grano è oggi di 15 centesimi di euro, contro i circa 2 euro del kg del pane (si consideri che con 1 kg di grano si produce circa 1 kg di pane!), con il conseguente rischio di abbandono delle campagne da parte dei contadini o di mancata raccolta delle produzioni (arance per es.) perché costa meno lasciarle marcire, si può comprendere bene come sia necessario ripensare il modello di produzione, ma anche il nostro modello di consumo. Sì, perché agli effetti di cui parlavo, vanno aggiunti i rischi per la salute e l’aumento di incidenza di malattie alimentari quali l’obesità, il diabete, le patologie cardio-vascolari, i tumori. Un esempio concreto ci viene dagli USA: con il programma “Fresh” della città di New York, a partire dai dati sanitari sull’incidenza delle malattie da alimentazione e sullo stretto legame di dipendenza con il consumo di alimenti conservati e l’eccesso di proteine animali consumate, il Governo cittadino ha definito un programma per ripristinare il piccolo commercio di vicinato dei prodotti alimentari freschi, con incentivi economici per l’apertura di nuove attività e con una disciplina urbanistica specifica per facilitarne l’insediamento.
Il limite di rottura dell’equilibrio determinato dal modello di agricoltura industriale è vicino: basti pensare che nel 2030 la metà della popolazione mondiale non avrà più accesso all’acqua e che nel 2050 la popolazione sarà aumentata di circa 2,5 mld di persone (dati ONU). Questi dati da soli ci fanno capire quanto sia inconciliabile il modello di produzione prima descritto con l’evoluzione relativa alla disponibilità di risorse e all’andamento demografico.
Occorre, pertanto, operare un cambiamento necessario dal punto di vista culturale e produttivo, lavorando per costruire le condizioni per la definizione di un nuovo “patto” tra consumatori e produttori, ricostruendo al contempo le condizioni per un rilancio economico delle imprese e dell’intero settore. In altre parole, “ritornare a mangiare quel che mangiavano i nostri avi”, nel rispetto della stagionalità delle produzioni e del terreno, potrebbe essere la soluzione a tanti problemi. Occorre rimettere al centro delle nostre vite il cibo, la sua produzione: prima funzione dell’agricoltura; ma occorre allo stesso tempo – ed è qui la seconda scommessa per l’attività dell’Osservatorio – unire alle regole dell’agricoltura e dell’alimentazione le norme di governo del territorio.
La complessità dei legami e delle conseguenze dell’agricoltura sull’uomo e sull’ambiente, punto di partenza e presupposto di questo intervento, richiamata in maniera forte dall’interdisciplinarietà del convegno di inaugurazione dell’Osservatorio, impone la necessità di nuovi modelli organizzativi, di nuove partnership di governo e di un “pensiero strategico”, capace di misurasi con la complessità della sfida. Per dirla con una formula, la chiave di lettura politica dell’attività e della funzione dell’Osservatorio risiede nel concetto di sovranità alimentare, il diritto dei popoli a definire le proprie politiche e strategie sostenibili di produzione, distribuzione e consumo di alimenti, che garantiscano a loro volta il diritto all’alimentazione per tutta la popolazione.
Conoscere e monitorare il quadro di norme che sottendono all’agricoltura e all’alimentazione per fornire alla politica gli elementi per elaborare nuove strategie e nuove regole. Questo è l’auspicio che formulo per l’attività dell’Osservatorio. Dal suo successo potrà dipendere, almeno in parte, la costruzione del cambiamento necessario.
Giacomo Sanavio
Assessore alla Programmazione territoriale e Urbanistica, Sviluppo Rurale della Provincia di Pisa
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