giovedì 18 giugno 2009

UN CONGRESSO PER DECIDERE. UN PD UTILE ALLA SOCIETA'. UN RIFORMISMO DI SINISTRA

Desidero iniziare a condividere alcune considerazioni sul PD e sull'avvio della fase congressuale.

Occorre un PD forte, radicato nei territori, non frammentato in mille rifugi identitari. Occorre un Partito, che sappia “leggere” ed interpretare la società partendo dalle dinamiche e dai timori portati dalla globalizzazione. Che sappia ridare speranza e che, soprattutto, convinca del suo ruolo di forza guida del cambiamento necessario. Il tema vero, appunto, è la paura del cambiamento. Su questo piano è urgente una nuova elaborazione culturale e politica. Noi non possiamo rinunciare all’idea di “cambiamento”, vera spinta del riformismo. Verrebbe meno la ragione stessa del nostro essere forza riformista!
La sfida per il futuro: costruire una democrazia moderna. E’ questo l’interesse del Paese! Quindi una pubblica amministrazione che funzioni e decida; affrontare il tema generale della legalità, dell’etica pubblica, il senso civico. Un programma di rilancio della nostra economia e della sostenibilità del modello di sviluppo. Un’idea di Paese insomma! Il mondo globalizzato richiede uno Stato forte e non frammentato, ed ancor più l’idea di un’Europa politicamente più forte. In sintesi, una rinnovata idea di governo mondiale, pena l’esplosione di drammatici conflitti: è questo il vero nodo di fondo!
Gli strumenti nazionali sono inadeguati ed insufficienti. Per dirla in una frase, nel secolo dell’economia globale, il riformismo non può essere adeguato al livello del singolo Paese. Le crisi finanziarie, la pressione sulle materie prime energetiche ed alimentari, l’onda migratoria, l’offensiva competitiva delle economie emergenti, l’invasione dei fondi sovrani, il deterioramento dell’ambiente, il terrorismo fondamentalista, il disorientamento identitario nelle città multietniche: sono queste le emergenze sulle quali il PD deve misurarsi. E i riformismi nazionali sbattono la testa contro il muro dell’assenza di adeguati strumenti di intervento, e vengono pertanto percepiti come deboli e retorici. I riformisti hanno perso le recenti elezioni per il Parlamento europeo. Mentre la destra, come sempre in fasi di grandi cambiamenti, è capace di dare delle risposte, offrendo sponda con le scappatoie, facili ma illusorie, dell’arroccamento identitario e delle soluzioni corporative. I riformismi sono al bivio: possono rimanere nazionali e ripiegare, sul piano politico ma prima ancora su quello valoriale, a variante “per bene” della destra corporativa e protezionista o, specularmente in termini di irrilevanza politica, a testimonianza culturale; oppure i riformismi possono riprendere il percorso e rilanciare la sfida per la definizione di un governo globale. La prima opzione sarebbe una sciagura, perché l’integrazione globale dei mercati, regolata, può offrire inedite possibilità ed opportunità per tutti. A mio avviso non abbiamo terze strade: o si regredisce al protezionismo, o si disegnano istituzioni multilaterali efficaci. I riformisti europei hanno ora la necessità di avviare la controffensiva. Si realizzi velocemente l’organizzazione di tutti i riformisti europei, andando oltre il già positivo accordo sull’Alleanza dei Socialisti e Democratici. Si mettano al centro dell’iniziativa politica ed istituzionale alcune, poche, questioni programmatiche su cui costruire risposte vere ai principali problemi vissuti dai cittadini europei: lo sviluppo sostenibile quale unica strada seria per uscire dalla crisi e dalle contraddizioni del modello di sviluppo, l’applicazione di standard ambientali e sociali agli scambi commerciali, la sicurezza di tutti i cittadini delle nostre società multiculturali. Si faccia del gruppo dei riformisti europei il protagonista di una costante e sistematica offensiva sui principali punti del programma comune. In questa controffensiva, sia il PD, fino in fondo, all’altezza delle sue potenzialità, solleciti le altre forze riformiste europee a muoversi lungo la ricostruzione degli strumenti del riformismo. Solo così, sono convinto, possiamo dare risposte credibili alle diffuse paure del cambiamento.
Assieme a questo, ma solo se su questo fondamentale nodo delle riaffermazione quale forza di cambiamento, assumono rilevanza gli altri impegnativi compiti: costruire il PD nei territori; sistematizzare un lavoro sulla cultura politica; definire la politica delle alleanze, con iniziativa ed intelligenza politica, per porci il problema della rappresentanza di quella maggioranza di cittadini, che non ha votato per la destra, sapendo, al contempo, parlare all’intera società, su un modello coraggioso di trasformazione; un sistematico investimento sulla formazione e selezione di classi dirigenti di qualità, che deve avvenire in base a criteri di competenza, merito e, soprattutto, lavoro (non bastano le primarie e, soprattutto, non funzionano le autocandidature!!); superare definitivamente la debolezza storica del riformismo in Italia e la rigidità degli orientamenti politico-culturali, riaprendo un dibattito sulle categorie di “destra” e “sinistra” alla luce dei cambiamenti sociali e politici degli ultimi decenni. Insomma, rafforzare identità e radici del Partito, parlando innanzitutto con quei milioni di italiani che ci hanno votato, ma non fermandosi a loro. Se faremo tutto questo, avremo costruito un Partito utile per l’Italia.
C’è bisogno di più coraggio. Il coraggio di credere davvero nel ruolo della Politica, che è la costruzione del bene comune.

Giacomo Sanavio
membro direzione provinciale PD Pisa

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