L'11 giugno è una data simbolicamente rilevante per tantissimi italiani: Enrico Berlinguer vi morì su di un palco a Padova, mentre teneva il comizio conclusivo per le elezioni europee del 1984, nell'adempimento del suo dovere, del suo lavoro. Quelle elezioni, forse anche sull'onda emotiva della commozione di ampi strati dell'opinione pubblica, provocata dalla morte di Berlinguer, consentirono, per la prima e l'ultima volta, al suo partito di superare la Democrazia Cristiana e di risultare il primo tra i partiti italiani. Storie di altri tempi.
L'altro giorno ho pubblicato sulla bacheca di facebook l'intervista che Berlinguer rilasciò ad Eugenio Scalfari, l'allora direttore de La Repubblica, e un doppio fremito mi ha attraversato. Quello che affermava Berlinguer sull'invadenza dei partiti nello stato, sulla crisi delle classi dirigenti politiche nel rappresentare i reali problemi del paese, sulla crisi del modello di sviluppo economico, che necessitava il mercato, ma regolato, per evitare iniquità e diseguaglianze, risulta, ancora oggi, di grande attualità. Il problema è che 25 anni sono passati, quasi inutilmente. Visto che, ancora oggi, ci confrontiamo con le stesse drammatiche questioni. Al di là dell'eredità politica dell'uomo, che certo ancora divide, è talmente grande il lascito morale, il prestigio, il carisma, la nobiltà della sua figura, che non verrà mai meno il bisogno di ricordarlo.
L'esempio dell'uomo e del politico Enrico Berlinguer rappresenta un patrimonio per l'intera nazione, al di là degli steccati di parte. E di tale esempio noi siamo convinti che l'Italia e gli italiani abbiano ancora estremo bisogno, soprattutto in una stagione così travagliata come quella che il nostro Paese sta attraversando.
Grazie Enrico! E che il ricordo non sia solo di circostanza...
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