Con la presunta cancellazione
delle province si sta facendo affollata la corsa ad accaparrarsi le competenze
(e con esse, soprattutto, la ripartizione delle risorse economiche gestiste).
In Toscana il caso delle deleghe in materia di difesa della fauna (già caccia e pesca) è particolarmente
illuminante.
La Regione ha deciso di affidare
agli ATC (ambiti territoriali di caccia, organismi non ben inquadrati da un
punto di vista giuridico) parte delle competenze che sulla materia in questione
erano finora attribuite alle province.
In queste ore l’attenzione dei
mezzi d’informazione e di alcune associazioni ambientaliste si sta concentrando
sull’uso e la quantità delle risorse economiche per il settore. Pur
condividendo, almeno in parte, lo spirito dei rilievi mossi mi permetto di
avanzare un’obiezione e di rilanciare su di un altro tema.
L’obiezione consiste nel fatto
che, pur discutendo in un momento di gravissima crisi economica e sociale e di
tagli ai bilanci pubblici, è bene ricordare, per necessaria onestà, che le
risorse spese in questo settore provengono unicamente dalle tasse e dai
contributi versati dai possessori della licenza di caccia e di pesca.
L’altro tema, a mio parere ancor
più rilevante e sostanziale, consiste nel fatto che, con la decisione della
Regione Toscana di attribuire agli ATC le competenze gestionali e di spesa
sulla materia della “protezione della fauna selvatica omeoterma e per il
prelievo venatorio” si viola palesemente il principio di trasparenza e, quindi, del controllo democratico sulla gestione di
un bene pubblico. Infatti, la legge quadro nazionale, la 157 del 1992,
definisce appunto la fauna selvatica un patrimonio
pubblico (L. 157/92 Art. 1. La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello
Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale) appartenente
unicamente allo Stato. Ragione per cui, la sua gestione deve osservare principi
e norme in materia di imparzialità, trasparenza, controllo da parte dei
cittadini tutti. Quei cittadini che sono - cacciatori, pescatori, protezionisti
o animalisti – gli unici beneficiari della gestione sostenibile del bene in questione (la fauna).
Sarebbe necessario ed utile
interpellare qualche livello di magistratura per avere un parere autorevole su
questa vicenda, per sapere se gli organismi individuati possano ritenersi in
grado (proprio per la loro natura giuridica e per l’assenza di competenze
tecnico-scientifiche interne) di soddisfare a pieno i principi sopra richiamati
e per poter giudicare, infine, se di corretta amministrazione, d’insipienza,
cialtroneria o dolo si debba parlare.
Giacomo Sanavio
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