L’Agricoltura non è solo Pil
Condivido il commento soddisfatto
del ministro Martina ai dati pubblicati dal Censis che certificano come l’agricoltura sia l’unico settore
produttivo a registrare un incremento congiunturale del valore aggiunto,
contribuendo così a contenere l’ulteriore calo del Pil nazionale. Si tratta di una conferma degli andamenti di questi
ultimi anni.
E’ sicuramente un fatto positivo
che la politica nazionale ed il governo si accorgano che l’agricoltura rappresenta
un “asset strategico del paese per poter pensare a sviluppo e occupazione”. Si
tratta –forse- del superamento di un pregiudizio
che voleva vedere il settore come marginale e superato. D’altronde, basta
saper leggere i dati e ragionare per comprendere come l’agricoltura sia in
grado non solo di resistere alla crisi ma anche di creare opportunità
lavorative, oltre a curare i territori, la coesione sociale e la salute
pubblica (un certo tipo di agricoltura!). E’ sufficiente ricordare che l’aumento
della popolazione mondiale, i cambiamenti climatici ed i processi di
accelerazione delle desertificazioni di intere regioni del pianeta, la sempre
più diffusa scarsità di acqua potabile, lo scellerato consumo di suolo, non
fanno che rendere sempre più urgente il preoccuparci del tema della produzione
agricola, della produzione del cibo!
Questo quadro mi fa però ritenere
gli orientamenti del ministro non del tutto sufficienti e viziati dalle visioni
di stampo “industriale” che hanno caratterizzato le politiche agricole degli
ultimi cinquant’anni; costruendo le basi politico-culturali proprio di quel drammatico
pregiudizio.
Infatti, se trovo giusto
preoccuparci e sostenere gli sforzi del sistema agroalimentare italiano ed il suo
potenziale in termini di valore aggiunto anche puntando sull’export, è di fondamentale
importanza guidare il settore verso un “cambio di modello”. Scegliendo di
privilegiare le agricolture dei territori. Smettendola di finanziare con le
risorse della Pac (politica agricola comune) gli speculatori della terra e
produttori di mezzi meccanici e agenti chimici.
Diamo i soldi della Pac a chi fa
agricoltura biologica e biodinamica, a chi si cimenta nella riconversione in
tal senso, ricreando fertilità dei suoli e difendendo la biodiversità. Diamoli
a chi salvaguarda saperi tradizionali, a chi garantisce la manutenzione dei
territori, a chi contribuisce a risparmiare acqua ed a depurare quella
utilizzata, ai giovani di cui il settore ha estremo bisogno (ma a quelli che
fanno davvero gli agricoltori, non ai “figli di”), anche per facilitarne l’accesso
alla terra. Diamo i soldi della Pac a chi ricostruisce o difende i sistemi
alimentari. Smettiamo di darli a chi coltiva il mais per fare il biogas, a chi
costruisce stalle da lasciar vuote, a chi abusando della chimica di sintesi
uccide le api, sterilizza il suolo, avvelena le falde idriche.
C’è bisogno che con i soldi
pubblici della Pac si finanzi la produzione di cibo buono, pulito e giusto per tutti! Non di sostenere speculatori,
grande distribuzione, “fighetti” del made in Italy che fanno affari sulle
spalle dei contadini.
C’è bisogno, anche e soprattutto
in questo settore, di una chiara scelta alternativa.
A quel punto, i dati sul valore aggiunto avranno anche un risvolto etico,
sociale ed ambientale importante.
Giacomo Sanavio
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